Pelassa, una fibra del Roero
Montà d'Alba - Azienda Agricola Pelassa
Tutto inizia a Gourmet Expoforum, la fiera dedicata al settore HO.RE.CA organizzata dalla Città di Torino e GL event l’autunno scorso. Tra i banchi di assaggio alla presentazione della guida Berbere edita da Gambero Rosso un caro amico mi consiglia di testare un Arneis, si tratta di quello di Daniele Pelassa. L’assaggio è fatale, la sapidità e la verticalità di quel vino, mi rapiscono. Prendo il biglietto e dico: “questo è da andare a trovare”.
Ci è voluto diverso tempo ma la fretta e l’impulsività, caratteristiche a me note, sono portatrici di tsunami ed è sempre bene attendere il momento migliore per cogliere giusti colori e profumi...
A Roero Days, concluso il 21 marzo presso la Cascina Medici del Vascello della Reggia di Venaria Reale arriva la conferma della bontà e tessitura di quel vino. Ma vale la regola del 3, quasi in tutto e dunque arriva il tempo di chiamare il Daniele e di organizzare, senza indugio, la visita in cantina.
Qualche giorno prima visto il meteo birichino come l’Arneis mi consiglia di portare lo stivale da fango e così ho fatto. Giunta a Monta d’Alba in Frazione San Vito da cui prende il nome l’omonimo vino bianco, bandiera dell’azienda ci rechiamo nelle vigne. Le colline con pendenze a sud-est sono destinate ai bianchi, favorita, chardonnay e arneis mentre quelle ad ovest sono per i rossi, la barbera e il nebbiolo.
Qualche giorno prima visto il meteo birichino come l’Arneis mi consiglia di portare lo stivale da fango e così ho fatto. Giunta a Monta d’Alba in Frazione San Vito da cui prende il nome l’omonimo vino bianco, bandiera dell’azienda ci rechiamo nelle vigne. Le colline con pendenze a sud-est sono destinate ai bianchi, favorita, chardonnay e arneis mentre quelle ad ovest sono per i rossi, la barbera e il nebbiolo.
Camminando Daniele mi racconta dei suoi studi di economia svolti a Torino e delle sue esperienze lavorative prima di decidere di ascoltare la sua parte emotiva che lo ha portato a voler seguire le orme del papà Mario e di salire al timone per continuare a guidare l’azienda di famiglia. In Francia li chiamano Vin de garde quei vini che meritano di essere monitorati prima di stabilire quale che sia il momento giusto per apprezzarli io, rubo l’espressione e la ribalto, per i vini di Pelassa non bisogna più aspettare sono da scoprire, studiare e bere. Siamo in una realtà che merita la giusta attenzione e che ha bisogno di essere ascoltata e divulgata.
Come in tutte le aziende famigliari ogni componente è chiamato a contribuire in qualche modo, seppur modesto, per portare avanti l’attività. Qui in ogni momento della produzione si prende ad esempio la forza del buon Mario che ancora oggi ha un sorriso per tutti e che con i suoi occhi stanchi, ti fanno ripercorrere tutti i chilometri di bici fatti per andare a proporre le etichette nei paesi limitrofi a Montà, intorno agli anni ’60.
Lo sguardo di quest’uomo mi dice tutto e le poche le parole e i proverbi che elargisce sono sempre pertinenti, sinceri, di chi dentro di se dice: “gli sforzi fatti ne sono valsi la pena”.
Daniele oggi è il figlio che si fa carico di queste fatiche e che insieme al fratello amministra le vigne, la cantina senza tralasciare la parte commerciale intrinseca nel suo DNA e frutto dei suoi suoi studi ed esperienze.
Calmo, pacato, quasi stenta a credere a ciò che mi racconta circa il suo percorso e di cio che è riuscito a costruire... Dalla cantina alla vendita non trascura la sua voglia di nuove sfide ed è così che arrivano l’acquisizione di nuovi terreni e il desiderio di voler ingrandire la cantina per avere il giusto spazio per lo stock e per lo botti, così da aumentare la produzione e sperimentare nuove etichette.
Il racconto continua e Daniele mi confida che si è convinto a perpetuare la tradizione di famiglia dopo aver fatto i suoi primi clienti durante i suoi viaggi in Germania atti a perfezionare la lingua tedesca.
Conscio che nelle sue vene scorre il sangue delle terre del Roero mi mostra i filari in cui pratica la tecnica del sovescio, la preziosa opportunità per far respirare e rigenerare i terreni, e come effettua la potatura, applicando il suo metodo personale che diverge rispetto alla valida moda-mania Simonit&Sirch, perché “la linfa deve scorrere e nutrire tutto”.
Mi chino e prendo la terra su cui cammino. Con la sabbia del Roero in mano sento di aver raccolto verità, ma come diceva Pilato: “E che cos'è verità”? io, come rispose Gesù: “Chiunque è dalla verità ascolta la mia voce" sento di averla davanti a me in forma umana e naturale.
Di certo non son venuta a far visita ad una azienda “preconfezionata” che elabora medicine in provetta per curare i bisogni di ogni singolo mercato.
Prima della degustazione mi faccio portare in una seconda vigna, ripidissima, della quale non vedrò la fine se non quando mi ci ritroverò davanti, come ad uno specchio, una volta raggiunta la sede dell’ azienda.
Dopo un breve tour in cantina è tempo di risentire la fibra magnetica dei vini e di trasmetterne i contenuti:
- Vino Bianco Mario’s 2015: blend di uve Chardonnay, Favorita e Arneis, questo vino è l’entry level caraibico che non ti aspetti.
Colore giallo paglierino chiaro con profumi tropicali, di pesca gialla matura e di tiglio. In bocca l’entrata è morbidissima e fruttuosa con una piacevolissima alternanza tra sapidità e freschezza.
- Barbera d’Alba San Pancrazio Superiore: dopo un periodo di affinamento di 24 mesi di cui 12 in tonneaux e 12 in bottiglia il colore è rosso rubino intenso. Il naso è una confettura dolce di ciliegia e di pepe. In bocca i tannini fini ed annodati, come una rete, avvolgono lentamente il palato, rallentati dalla sabbia. Lungo e fresco è il compagno ideale da interpellare dinanzi a un tagliere di salumi e formaggi.
- Roero Antaniolo DOCG 2012: 100% da uve Nebbiolo (disciplinare prevede l’aggiunta di 5 % di altre uve) in questo vino vengono impiegate tutte le varietà, Michet, Lampia e Rosé quest’ultima insabbiata dalla più parte dei produttori.
Dopo 30 mesi di affinamento in legno di cui 18 passati in tonneaux e i restanti 12 in bottiglia, il colore è rosso rubino carico. Il naso richiama la rosa, il sottobosco e i frutti rossi con punte eteree e di liquirizia. In bocca la fibra di questo vino è compatta e preme intensamente sul palato senza essere aggressiva ma incisiva. L’acidità scorre e tiene in sospensione a lungo la beva terminando in un finale pertinente al naso, una verità del Roero.
Nella terra a lato destro del fiume Tanaro, da nonno Mario a Daniele, i componenti della famiglia Pelassa sono da considerare come artigiani del Roero che scalpitano per arrivare dappertutto, come la fibra. Non si può arrivare ovunque ma certamente la forza della loro tradizione gli consentirà di conquistare mercati contesi, in cui la novità trova sempre spazio come il dolce alla fine di un pasto.
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