Castello di Neive un'azienda dal monopole storico

16 maggio 2016 Castello di Neive

In una giornata dai profili più autunnali che primaverili mi reco in visita con la rete vendita della Sagna S.p.A, nella terra fiabesca a destra del fiume Tanaro in cui si coltiva il nebbiolo da Barbaresco, il vino principe delle Langhe. Certamente l’articolo che mi accingo a scrivere è di un prestigio e di una difficoltà estrema perché so di avere nella penna una storia e uno spessore culturale ai quali bisogna dare il giusto rilievo. 
Si tratta del racconto della vita di un uomo con una forza d’animo rara che nonostante le sue 80 primavere alle spalle ha un fuoco ed un’energia che infiammano gli animi e le menti dei meno navigati ma influenzati dai tecnicismi moderni del "www" e sono distratti dal volume e dalla velocità delle informazioni, di qualsivoglia tipo.

Italo Stupino insieme ai fratelli Anna, Giulio e Piera è l’erede di una proprietà unica nello scenario vinicolo della Regione Piemonte, il Castello di Neive sito nell’omonimo comune in cui insieme a Barbaresco, Treiso e parte di quello di Alba l’uva nebbiolo diventa la DOP Barbaresco In questo tempio del vino il già noto Louis Oudart prima di essere chiamato alla Corte di Real Casa Savoia era riuscito ad affinare la sua arte producendo vini a base di uve nebbiolo.  I documenti storici narrano che l’enologo francese, commerciante di uve di successo nella confinante Liguria, riuscì a conquistarsi il primato con le sue etichette prodotte al Castello di Neive in diverse competizioni straniere come avvenne in occasione dell’Esposizione Internazionale di Londra nel 1862. 


E’ buffo ma sembra quasi che la stessa intuizione e talento siano stati assimilati da Italo Stupino,  al timone oggi di un impero culturale di una bontà exterus il banale grazie ad una attenta gestione della liquidità e all’ acquisizione dei migliori terreni nella zona del Barbaresco che ammontano ad un totale di 60 ettari di cui 26 "soli" destinati alla vite.



Il concetto del reale in questo quadro ha una doppia assisa che impone a chi si approccia di non “lanciare la moneta” per stabilire quale che  sia la più preziosa. Da un lato brilla il retaggio storico e dall’ altra spicca l’incredibile lavoro di ricerca svolto dalla cantina in collaborazione con la Facoltà di Agraria dell’Università degli studi di Torino, iniziato nel 1978. Grazie al Castello di Neive e ai professori Eynard ed Annibale Gandini si è dato il via ad un impianto di selezione clonale sull’Arneis, l’uva birichina abbandonata a se stessa fatta poi rinascere grazie ad un progetto svolto nel vigneto sperimentale di Montebertotto. Da questo lavoro oggi i 3 cloni ammessi dal disciplinare di produzione della regione Piemonte sono il CN15, il CN19 e il CN32.



Con la spinta propulsiva di questo progetto Italo non si è mai fermato e grazie al successo ottenuto nei mercati esteri, qualche anno fa ha preso una decisione dettata dal raziocinio, “non potevo permettermi di non avere abbastanza vino per i miei clienti, soprattutto americani” ci ha confidato.  Da qui la scelta nel 2012 di acquisire un’ampia struttura tecnica per accogliere tutti i macchinari e le vasche in acciaio inox i cui i vini svolgono i processi di fermentazione. Per la produzione e la stabilizzazione dei vini bianchi si usa la tecnica della flottazione in cui vengono trasportate in superficie le particelle solide in sospensione con lo scopo di separare la feccia dal mosto più velocemente e garantire altresì il mantenimento delle proprietà del vino. 




Il livello di produzione si affina grazie anche all’arrivo, nel 1999, dell’enologo Claudio Roggero supportato dal suo braccio destro in campagna Marco Ion che racconta con quanta cura e precisione le operazioni di elevage e reumage, per il metodo classico, siano svolte come da tradizione, nelle storiche cantine del castello mediante l’impiego di botti in legno di grandi e piccole dimensioni. In vigna i trattamenti sono ridotti all’osso e i livelli di solforosa non raggiungono mai 100 mg/lt. perché “se l’uva è sana non c’è bisogno di coprire le ferite”.


Esaurite le spiegazioni tecniche è la volta di andare a vederle queste vigne! Sono infatti i magici luoghi in cui ogni appassionato di vino si perde durante l’ascolto della storia e dell’acino, filare dopo filare. Su tutte, due sono le tappe che fanno parlare, Santo Stefano e Basarin.




La prima è oggi monopole del Castello di Neive, fortemente voluta ed acquistata a meta del secolo scorso da  Giacomo, il papà di Italo che in quel periodo da buon geometra, studiava i terreni, le distanze e i valori a catasto e proprio per le già allora note potenzialità di questo appezzamento si è stabilito di ristrutturalo totalmente e dedicarlo alla coltura delle uve. Questa vigna è un unicum di inaudita altezza in cui l’uva matura con un quid impari ma pari a quello di altri luoghi sommi, come la Vigna Rionda a Serralunga o il clos di Grèves, Vigne de l’Enfant Jésus scoperto e salvato da Bouchard un negotian dal grande intuito e capacità che tanto ricorda il nostro Italo Stupino. La collina Basarin invece se oggi è una sottozona del Barbaresco è in realtà nata sotto la stella del Dolcetto ma con una massa da Gigante rossa che in pochi sanno. In questo luogo illuminato da potenti fasci di luce nella pancia del Barbaresco Italo veniva a fare la dolce merenda con pane, olio e dolcetto.
In ogni appezzamento che vediamo l’enologo Oggero tiene a far notare che nel fondo valle non ci sono vigne ma noccioleti per non rischiare di portare a casa uve che a causa di possibili problemi di drenaggio o con meno ore di sole si presentano, al momento della raccolta, poco mature e/o ricche di acqua.

Arrivati a Neive prima della degustazione dei vini la visita continua nelle cantine storiche in cui nel 1996, durante i lavori di ristrutturazione è stato trovato un ‘infernotto’, scavato nel tufo in cui le gocce di acqua quando cadono bagnano il passaggio, in testa.
Nei cortili del Castello si possono ammirare oggi la pesa per i carrelli dell’uva e il torchio che Oudart reputo necessari per le fasi di produzione del vino. Alla vista di questa concretezza storica si comprende che qui nel silenzio, l’innovazione e la lungimiranza hanno preso forma diventando nel tempo un manuale pratico seguito alla lettera da Giacomo Stupino, quando decise di acquistare i terreni agricoli e annessi fabbricati.


L’oratore chiamato a raccontare i vini è il Prof. Gerbi della Facoltà di Agraria dell’Università degli studi di Torino figura che riesce a spostare i riflettori dalle dimore sabaude che concorrono a formare la Corona di Delizie al lavoro di ricerca di questa cantina prima castello poi luogo di studio e dimora di vino.


La batteria di vini proposta é il frutto di anni di fatiche e di entusiasmo che pare non avere fine. Italo che già nel suo nome racchiude il suo attaccamento all’agricoltura rispecchia più profili dell’ Italia:  del sacrificio, del lavoro, della bellezza, della cultura con una tempra di un generale che sa dove piantare ginestre gialle una volta conquistate le terre d’oltremare…


I vini del Castello di Neive: 


Langhe Arneis DOC  2015: 12,5 vol%. questo vino viene prodotto nella vigna della ricerca di Montebertotto impiantata nel ’77. Al naso profuma di fiori di tiglio, di latte di riso, agrumi e note di albicocca secca con l’ aumento della temperatura. La bocca é leggermente pungente e iodata con la freschezza della pietra bagnata in un finale leggermente amarognolo. 

Langhe Riesling DOC 2015: colore giallo paglierino con riflessi verdolini. Il naso richiama il lime avvolto da nuance di legno e di erba tagliata. In bocca la matrice ferrosa é unita dalla dolcezza ed astringenza della mela verde.

Dolcetto d'Alba DOC 2014: colore rubino tendente al violaceo. Il naso é invaso dalla prugna cotta e dalla viola. Il palato é asciutto e coperto da una sottile sfoglia tannica. 

Dolcetto d'Alba Basarin DOC 2014: prodotto da vigne vecchie di oltre 35 anni in una porzione di suolo tra le più vocate,  a detta dal tempo, con esposizione in pieno sud. Al naso i profumi sono intensi e ricordano quelli dolci tipici del vitigno. In  bocca il vino ha una struttura tannica ed alcolica di potenza tale da non essere ancora di beva equilibrata ma che con il riposo in bottiglia troverà un equilibrio di prodigiosa concentrazione.

Barbera d'Alba DOC 2014: colore rubino con riflessi granati. Il naso é un mix di fiori e di ciliegia matura. In bocca il gusto é voluminoso e compatto di buona rotondità e piacevolezza.

Barbera d'Alba DOC 2013 senza solfiti: alta è l 'aspettativa per questa espressione di uva Barbera per un vino tremendamente moderno, richiesto, voluto e ricercato. Il colore è rosso rubino carico.  Il naso è chiamato ad andare oltre alla barriera vegetale, eterea, a tratti quasi terrosa. In bocca il gusto dolce delle uve si sprigiona su un telaio tannico leggermente  graffiante che apporta rugosità e freschezza. 

Barbera d'Alba Santo Stefano DOC 2013: Il colore si presenta rosso rubino con riflessi violacei. Il naso é pulito dai bastoni di liquirizia e punte di ciliegia appena raccolta. La bocca é vinosa, morbida e sostenuta da larghe spalle acide.

Barbera d'Alba Superiore DOC 2012: Il passaggio di un anno in barrique conferisce al vino un colore porpora carico, sentori di cipria, di viola con punte di foglia di pomodoro. In bocca  l'acidità stringe il gusto dolce a formare un film patinato.

Piemonte Albarossa DOC 2013: un vino che nasce dall’unione delle uve Chatus, il nebbiolo di Dronero e Barbera. Un matrimonio intenso, vivace e colorato . Il colore è rosso rubino carico con riflessi violacei. Un calice che può diventare di culto per via del suo naso moderno, ricchissimo in frutta rossa matura con un gusto da masticare grazie a tannini levigati e un’ acidità che evidenzia la struttura e il potenziale di tenuta nel tempo capace di asciugare, senza seccare.

Barbaresco DOCG 2013: colore rosso rubino chiaro. Il naso richiama sensazioni di mora e di sambuco. Un vino basale, una biglietto da visita da mostrare a chi non ha mai avuto occasione di conoscere il nebbiolo da Barbaresco. Un nucleo in cui si racchiudono brevemente l’eleganza dei tannini, la freschezza e il gusto dolce dell’uva affinata grazie ad un sapiente uso del legno.

Barbaresco Gallina DOCG 2012: elaborato in una delle migliori MeGa il colore é rosso rubino tenue e al naso si ricorda per un sentore intenso di confettura di lamponi con granelli di liquirizia. In bocca l'aroma é pertinente al naso e si svela lentamente con gusto timidamente sapido di lunga persistenza e profondità come un diritto lungolinea.


Barbaresco Santo Stefano DOCG 2012: la vigna è monopole del Castello di Neive in una posizione speciale in una conca naturale in direzione del Tanaro in cui il vento e il sole sono liberi di riscaldare ed asciugano le uve come in nessun’altra porzione di collina della zona del Barbaresco.



Il colore è rosso rubino tendente al granato con l’invecchiamento. Al naso i profumi richiamano la mora matura e la menta. In bocca il gusto dell’uva si sprigiona creando un manto morbido ed elegante. Un vino con una “puissance sans poids” con una spinta acido-tannica di rara finezza.  

Ultimiamo la batteria con una verticale di tre Riserve del Barbaresco DOCG Santo Stefano la 2011, 2009 e la 2007.

Il Barbaresco Santo Stefano 2011 si esalta per la sua freschezza ed astringenza. Ancora chiuso, fatica a venir fuori. Il 2009 emana note di cacao e di liquirizia con punte di prugna. In bocca la cilindrata di questo vino fa presagire la lunga strada che puo percorrere senza interferenze acide o tangenti. Un crescendo di gusto e sensazioni sapide ed astringenti in un finale dolce ed appagante. Certamente questo Barbaresco è come direbbero i cugini francesi  un “vin de garde”.

Infine nel  2007 l’acidità e la sensazione di rugosità sono ancora vive e presenti forse un pelo stanche. Ammetteranno, anche i palati più esperti, che può non essere corretta la fotografia di quest’ultimo vino per via della velocità e della stanchezza delle papille gustative.


Per chi volesse approfondire di seguito riporto i comunicati del consorzio di tutela inerenti gli andamenti climatici delle annate:
2012 
2011

I vini del Castello di Neive sono distribuiti in Italia dalla Sagna S.p.A

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