Balbiano: Vigne Reali di Generali “quasi normali”


In un venerdì estivo, caldo,  dalle luci romantiche la Compagnia del Calice sceglie l’Azienda Balbiano letteralmente la “Cantina del Freisa”  per regalare ai propri soci una serata speciale in cui poter scoprire le sfumature di questa cultivar abbinata ai cocktail a base di Vermouth Anselmo.
Certamente si tratta di una serata dal DNA torinese in cui è doveroso concentrarsi sulla storia di questi prodotti, la loro origine, e perché incessantemente continuiamo a ricercarli, forse perché veri, forse perché “semplici”, tradizionali…


Insieme a Luca Balbiano, la terza generazione vivente “nata nel Freisa”, come dice lui, ci dirigiamo nelle cantine per una rapida visita dei locali in cui avvengono le fasi di  fermentazione dei vini. Fino a qui, tutto rientra in un modus operandi “da manuale” salvo poi il proseguire con la visita nel museo delle “Contadinerie” prima e del “Giocattolo” poi. La mente inevitabilmente viene catapultata in un mondo parallelo, in un’ ”Isola che non c’è” in cui i ricordi prendono forma e gli interrogativi annebbiano la mente come un vino con troppa solforosa ( ndr ). In questi locali si trovano una miriade di oggetti da collezione, oltre 1500, e giocattoli di ogni tipo, 600 pezzi ca, tra i quali risulta impossibile dimenticarsi di un Pinocchio in legno, il preferito dal Generale di Casa Balbiano, Francesco,  e la prima versione di Slot machine. I locali, inaugurati nel 1990 dopo un lungo lavoro di restauro a cura dell’Architetto Enzino Solaro sono oggi un museo che completa la filosofia di vita di questa famiglia in cui ritroviamo l’entusiasmo e l’energia di un bambino, nei giocattoli e l’expertise nelle sale arredate con attrezzi da lavoro “contadini”, una visione materiale di 25 anni di ricerca.
Ritornati nella “superficie terrestre” ci trasferiamo in un modernissimo locale, un prisma, costruito per  ospitare degustazioni, eventi e cerimonie.

Il giovane Luca Balbiano, già Presidente del Consorzio di Tutela delle DOC Freisa di Chieri e Collina Torinese prende la parola e ci racconta come l’uva Freisa sia parte di lui, di Chieri nonché imparentato con il tanto “decantato” Nebbiolo, figlio minore di un titanico papà dal carattere robusto, acido e tannico ma  con angoli morbidi, se smussati bene.
Tra il ‘600 e il ‘700 la Freisa era “come il prezzemolo” veniva prodotta e consumata dalla borghesia con terre nominate negli atti pubblici come “vinee ultra padum”, le vigne oltre il Po. Queste “Vigne” sono diventate poi “Ville” e ad una in particolare, magica, dedicheremo il giusto spazio più avanti.

Dopo la degustazione dello Spumante Brut Rosè Chiulìn e il Friesa di Chieri DOC Superiore Barbarossa il testimone viene passato a Giustino Ballato uno dei giovani soci di Anselmo Vermouth il quale dopo una scrupolosa ricerca e il ritrovamento di uno dei marchi storici di questo vino liquoroso aromatizzato ha deciso di rilanciarlo, recuperando la ricetta originale del 1854 che vanta la presenza di ben oltre trenta erbe.

Oltre alle versioni lisce Rosso e Riserva ci si è fatti deliziare ed ammaliare dalle gesta del barman di “Affini” Michele Marzella che live ha preparato un paio di squisiti cocktail a base Freisa e Vermouth, of course. Ed è stata la volta dell’“Americano sbagliato” – Cocktail a base di Freisa di Chieri frizzante 2015 Balbiano, Vermouth Anselmo Riserva, Liquore Alpestre, Biancosarti e de “Il Barbarossa” , cocktail a base di Freisa di Chieri Superiore Barbarossa Balbiano in infuso di spezie, Vermouth Anselmo Rosso, Bourbon Whiskey, Bitter alla menta.


La serata si è poi conclusa con grappe e secondi giri di alcune delle proposte di cui sopra, in un alone quasi di dispiacere perché si dovrà aspettare la fine dell’estate prima di un altro evento della Compagnia del Calice!


A questo punto dell’articolo “normalmente” il lettore si aspetta di leggere le note dei vini ma il faut lire encore perché è nelle 12 h successive quando il sole pulsava e Luca mi aspettava in cantina per assaggiare de visu i suoi vini, che ho capito la Real grandezza di Casa Balbiano. Si dice che i vini assaggiati con il produttore siano più buoni, forse è l’emozione, il momento, il contesto …in questo caso ci aggiungiamo l’ incredibile voglia di fare, l’ entusiasmo e lo stile di un giovane erede tali che farebbero tacere un pappagallo e far muovere una mummia.
Circondati da vecchie foto e botti inizia una maratona di confronto-incontro in cui uno pensa, l’altro dice, uno sfiora un concetto l’altro lo approfondisce, intervallati da un sorso di vino prima Freisa poi Freisa e ancora Freisa…


Dalla famiglia, al lavoro in vigna dialoghiamo sul concetto del biologico e dell’ andamento dei mercati e a quanto sia bello, ma complicato, vivere in una terra che non si chiama Langhe, e che il riuscire a vendere  vino che dopo la parola ”Vigna” non presenta in etichetta il nome di un blasonata MeGa sia, forse, surreale.
Ma una vigna c’è anche qui ed è la prima riga del racconto di una fiaba ambientata niente di meno che nella prima capitale sabauda, Torino.


Si tratta del Vino Freisa diChieri Vigna Villa della Regina, “un sogno che si avvera” come amano dire da queste parti. Villa della Regina è  il gioiello barocco tornato a splendere nel 2006 dopo tormentati lavori di restauro. Voluta dal Cardinal Maurizio di Savoia è stata finemente ristrutturata seguendo il progetto dello Juvarra nella prima metà del Settecento e fa oggi parte del circuito delle Residenze Reali in Piemonte. La spiegazione del nome così fiabesco è data dal fatto che è stata la dimora di due consorti dei Re di Sardegna: Anna Maria di Orleans e Maria Antonietta Ferdinanda di Spagna.
Sviluppata secondo un modello per le “vigne”, il complesso comprende oltre alla villa, un' ampia area verde e mantiene ancora oggi un profilo che richiama "le ville romane". Finemente incastonata tra le colline che la fanno da teatro si caratterizza per i suoi eleganti giardini all'italiana.
La villa si sviluppa al Piano nobile intorno ad un grandioso salone centrale arricchito da straordinarie scenografie di Giuseppe Dallamano e i dipinti di Corrado Giaquinto e Giovan Battista Crosato. Dal salone si accede agli Appartamenti Reali riccamente decorati, nei quali trova posto in modo esemplare il gusto settecentesco per le "cineserie".


E le vigne? Con il reimpianto avvenuto nel 2004, le ricerche storiche ed ampelografiche, condotte con l’aiuto prezioso del Prof. Gerbi (Facoltà di Agraria dell’Università degli studi di Torino) ed alla Dott.ssa Anna Schneider (CNR -Torino), dal 2011 il vigneto di Villa della Regina è stato inserito all’interno dell’area DOC del Freisa di Chieri.
Le piante sono curate e coccolate dallo scrupoloso ed attento Luca che insieme a quelle di Parigi e Vienna, sono le uniche in Europa a rientrare nel progetto "Vigne in città”. Dal 2014 questo vigneto reale è  gemellato con il “Clos Montmatre”.

Si percepisce la fatica e l’orgoglio nelle parole di Luca e del papà Franco quando raccontano tutto il percorso che è stato fatto e gli sforzi, racchiusi ora, in un vino icona, simbolo sabaudo, potente, elegante, Reale.


Freisa di Chieri Villa Vigna della Regina 2013 Superiore: il colore è rosso rubino tenue. Il naso richiama profumi delicati e dolci dei piccoli frutti rossi, di liquirizia e di spezie. Al palato il gusto è avvolto da un elegante ma potente tannino, sottile e vibrante dal ritmo deciso che permane a lungo ed ultima lasciando una bocca dolce e pulita.






Mi toccherà aspettare qualche giorno prima di vedere gli 8 mila metri quadrati di vigne che circondano la Villa della Regina che oltre alle molte ore di luce godono della protezione del vento proveniente dalla Val Susa. L’attesa vale, una volta  arrivati in cima è obbligatorio chiudere gli occhi e aprirli lentamente dalla giusta posizione se si vuole avere nella medesima inquadratura  il centro della Città di Torino, la Mole Antonelliana e i filari di Freisa, sempreverdi. Non so in quanti hanno avuto la fortuna di venire qui, la mia sensazione è quella di essere in un focolare, un luogo intimo  in cui si ritrova l’origine, si distendono i nervi e si trovano nuovi stimoli per andare avanti, nonostante i problemi dell’ “ordinaria amministrazione”.


Su è giù per i filari incontro rose e margherite, una vera e sana vegetazione. E se dopo la salita c’è sempre la discesa questa è bene farla con chi conosce la terra, sorretta da una mano solida per la fine di ogni paura e preoccupazione perchè altre scalate  attendono. Giustappunto, se fino a questo momento tutto è stato “quasi tutto” normale come avviene nel bowling, con l’ ultimo lancio, si fa strike. Si rimane disarmati dopo l’ascolto di questo ultimo e dolce progetto di Luca, la scelta di salvaguardare una cultivar autoctona di Chieri e di vinificarla in purezza per esaltarne le caratteristiche, domarne le difficoltà, gli spigoli e le reazioni di chi non ha appoggiato all’inizio questa decisione.


E’ tempo di svelare che cosa c’è in questo ultimo calice ed è tempo di andare oltre i confini, rompere le barriere ed abbattere i pregiudizi che si hanno nei confronti delle varietà che a causa post crisi fillosserica sono state abbandonate.
Il vino che mi viene versato è di quelli dolci, da dessert, leggero, fine, elegantissimo prodotto con il Cari, varietà che risulta esser citata nel 1606 in un manuale scritto dal gioielliere, architetto e produttore di vino Giovanni Battista Croce, che lasciò la Lombardia per prestare servizio a favore di Sua Altezza il Duca di Savoia Carlo Emanuele I.

Luca ha deciso di incrementare la produzione di questo vino creando un vero e proprio clos, come direbbero i francesi, impiantando più di qualche filare in un fazzoletto di collina non distante dalla cantina di Andezeno. Sono di fronte ad un unicum nel mondo che rispecchia il desiderio di un produttore, lo rende materiale.
Nel momento post assaggio nella cantina c’è un silenzio assordante che pochi vini sanno creare. Una sensazione che si mischia con l’imbarazzo e lo stupore. Il colore è rosa tenue con un profumo elegantissimo, con punte di lampone, di rosa canina e spezia. In bocca il gusto fluttua con leggerezza e morbidezza. La sensazione del dolce è minuziosamente calibrata ed in equilibrio con la freschezza. Un vino regio che emoziona per la sua profondità. Sembra quasi che il significato del progetto si sia fuso nel corpo liquido in questo calice.



Da li a poco mi ritrovo fisicamente in questo clos per vedere le barbatelle che presto, daranno i loro primi frutti.
Se il 2016 sarà ricordato come un anno con un secondo in più, ognuno di noi deve scegliere come impiegarlo. Io scelgo l'incontro con la vigna Cari destinata a diventare “grande” perchè la sola al mondo ad essere stata rivalorizzata in una porzione di collina tutta a lei dedicata. Scelgo il secondo in cui Luca l'ha guardata e il freddo che mi è venuto, nonostante i 36 gradi.

Lascio la cantina con la consapevolezza di aver respirato oltre che l'anima, la vita del Freisa.





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